sabato 28 agosto 2010

Il Tuffatore


Pattinatore su ghiaccio Johnny Weir

Il tuffatore 

Di te amo le lunghe gambe, 
puerili, lente, 
aste tenere 
soavi 
che per spirali adolescenti salgono 
infinite, 
esatto tocco e fremito. 
Di te amo le braccia 
giovani, 
che abbracciano fidenti 
il mio squilibrio, 
mani disvelate, 
mani moltiplicanti 
che accompagnano in fretta il mio incupito nuoto. 
Amo il tuo grembo pieno d'ombra, 
onda lenta e solinga, 
dove si va facendo esausto il mare, 
dove affondare sino a rompermi il cuore, 
e di amore affogare 
e piangere. 
Di te amo i grandi occhi, 
dove sondo la voragine buia della mia ansia, 
per scoprire negli arcani 
sotto l'oceano oceani. 
Di te amo più di quanto riescano a dire 
la mia parola 
e la mia tristezza.

Vinicius De Moraes

mercoledì 25 agosto 2010

Le città invisibili


Le città invisibili


A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi sfuggono, cercando altri sguardi, non si fermano.
Passa una ragazza che fa girare un parasole appoggiato alla spalla, e anche un poco il tondo delle anche. Passa una signora nerovestita che dimostra tutti i suoi anni, con gli occhi inquieti sotto il velo e le labbra tremanti. Passa un gigante tatuato; un uomo giovane coi capelli bianchi; una nana; due gemelle vestite di corallo. Qualcosa corre tra loro, uno scambiarsi di sguardi come linee che collegano una figura all'altra e disegnano frecce, stelle, triangoli finché tutte le combinazioni in un attimo sono esaurite, e altri personaggi entrano in scena: un cieco con un ghepardo alla catena, una cortigiana col ventaglio a piume di struzzo, un efebo, una donna-cannone. Così tra chi per caso si trova insieme a ripararsi dalla pioggia sotto il portico, o si accalca sotto un tendone del bazar, o sosta ad ascoltare la banda in piazza, si consumano incontri, seduzioni, amplessi, orge, senza che ci si sfiori con un dito, quasi senza alzare gli occhi.
Una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la più casta delle città. Se gli uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d'inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d'urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe.


Da "Le città invisibili"di Italo Calvino.

martedì 24 agosto 2010

IMPRESSIONI




    Il verbo all'infinito

Essere creato, generarsi,

trasformare l'amore in carne e la carne in amore; 
nascere, respirare,e piangere, 
e addormentarsi e nutrirsi 
per poter piangere per poter nutrirsi; 
e svegliarsi un giorno alla luce e vedere,
 al mondo e ascoltare e 
cominciare ad amare e allora sorridere e 
allora sorridere per poter piangere 
E crescere, e sapere, ed essere , e avere e perdere, 
e soffrire, e avere orrore di essere e amare, 
e sentirsi maledetto e dimenticare tutto 
quando arriva un nuovo amore e vivere questo amore 
fino a morire e coniugare il verbo all'infinito...

Vinicius De MORAES         

domenica 15 agosto 2010

AMICI







Amici...

Ho amici che non sanno quanto sono miei amici.
Non percepiscono tutto l'amore che sento per loro né quanto siano necessari per me.
L'amicizia è un sentimento più nobile dell'amore. Questo fa sì che il suo oggetto si divida tra altri affetti, mentre l'amore è imprescindibile dalla gelosia, che non ammette rivalità.
Potrei sopportare, anche se non senza dolore, la morte di tutti i miei amori, ma impazzirei se morissero tutti i miei amici!
Anche quelli che non capiscono quanto siano miei amici e quanto la mia vita dipenda dalla loro esistenza...
Non cerco alcuni di loro, mi basta sapere che esistono. Questa semplice condizione mi incoraggia a proseguire la mia vita.  Ma, proprio perché non li cerco con assiduità, non posso dir loro quanto io li ami. Loro non mi crederebbero.
Molti di loro, leggendo adesso questa "crônica" non sanno di essere inclusi nella sacra lista dei miei amici.  Ma è delizioso che io sappia e senta che li amo, anche se non lo dichiaro e non li cerco.
E a volte, quando li cerco, noto che loro non hanno la benché minima nozione di quanto mi siano necessari, di quanto siano indispensabili al mio equilibrio vitale, perché loro fanno parte del mondo che io faticosamente ho costruito, e sono divenuti i pilastri del mio incanto per la vita.
Se uno di loro morisse io diventerei storto.
Se tutti morissero io crollerei.
E' per questo che, a loro insaputa, io prego per la loro vita.
E mi vergogno perché questa mia preghiera è in fondo rivolta al mio proprio benessere. Essa è forse il frutto del mio egoismo.
A volte mi ritrovo a pensare intensamente a qualcuno di loro.  Quando viaggio e sono di fronte a posti meravigliosi, mi cade una lacrima perché non sono con me a condividere quel piacere...
Se qualcosa mi consuma e mi invecchia è perché la furibonda ruota della vita non mi permette di avere sempre con me, mentre parlo, mentre cammino, vivendo, tutti i miei amici, e soprattutto quelli che solo sospettano o forse non sapranno mai che sono miei amici.
Un amico non si fa, si riconosce.

Vinìcius De Moraes